Il Mar Mediterraneo, culla di una biodiversità unica al mondo, sta affrontando una crescente minaccia che mette in pericolo gli ecosistemi marini e le risorse naturali: l’introduzione e la diffusione delle specie “aliene”, ovvero quelle specie non autoctone che vengono introdotte in nuovi ambienti al di fuori del loro habitat naturale. Queste specie, a volte chiamate invasive, si insediano nel Mediterraneo attraverso una varietà di meccanismi, tra cui il commercio, il trasporto marittimo e i cambiamenti climatici, e, una volta stabilite, alterano l’equilibrio ecologico, provocando danni a lungo termine. Queste specie competono con quelle autoctone per le risorse, modificano gli habitat naturali e possono compromettere attività economiche vitali come la pesca e il turismo. Questo articolo esplorerà il fenomeno delle specie aliene nel Mar Mediterraneo, analizzando le cause della loro diffusione, gli impatti sugli ecosistemi locali e le soluzioni per contrastarne la diffusione.
La diffusione delle specie alloctone o “aliene”
Il Mar Mediterraneo sta subendo una trasformazione senza precedenti a causa dell’introduzione di specie alloctone, ovvero organismi originari di altre aree geografiche che si insediano stabilmente in un nuovo habitat. Questo fenomeno, noto come “tropicalizzazione del Mediterraneo”, sta alterando profondamente l’equilibrio ecologico del mare nostrum.
Le specie alloctone sono organismi che vengono introdotti in un ecosistema diverso da quello di origine, sia per cause naturali (migrazioni) sia per l’azione dell’uomo. Nel caso del Mediterraneo, la principale via d’accesso di queste specie è il Canale di Suez, ampliato nel 2015 e oggi una porta aperta per numerosi organismi provenienti dal Mar Rosso e dall’Oceano Indiano. Un’altra importante modalità di introduzione è il trasporto marittimo, in particolare attraverso le acque di zavorra delle navi.
Il cambiamento climatico, con l’aumento delle temperature medie dell’acqua, favorisce anche la sopravvivenza di molte specie tropicali che prima non avrebbero trovato un ambiente adatto. Secondo gli studi dell’ISPRA (Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale), si stima che siano oltre 1.000 le specie aliene ormai stabilmente presenti nel Mediterraneo e il numero è destinato a crescere nei prossimi anni.
Le cause che favoriscono l’ingresso degli alieni di mare
Tra i fattori naturali, le correnti marine e le condizioni climatiche giocano un ruolo fondamentale all’ingresso degli “alieni di mare” nel Mediterraneo. Inoltre, l’innalzamento delle temperature causato dai cambiamenti climatici sta creando un ambiente sempre più ospitale per organismi tropicali e subtropicali, permettendo loro di adattarsi con maggiore facilità. Anche la stabilità degli ecosistemi marini influenza questo fenomeno: un ambiente in equilibrio, con risorse disponibili, può rappresentare un’opportunità per le specie aliene di insediarsi e proliferare, spesso a discapito delle specie autoctone.
I fattori antropici hanno un impatto ancora più significativo nella diffusione: ad esempio, le navi che trasportano involontariamente organismi attraverso le acque di zavorra o tramite la bioincrostazione sugli scafi. Un altro elemento è lo sviluppo costiero: la costruzione di porti, infrastrutture marittime e l’alterazione degli habitat naturali creano nuove condizioni ambientali che possono favorire l’insediamento di specie non autoctone.
Gli effetti di questa invasione biologica possono essere devastanti. Le specie aliene spesso competono con quelle autoctone per spazio e risorse, alterando gli equilibri ecologici e mettendo a rischio la biodiversità locale. In alcuni casi, possono diventare predatori di specie indigene o introdurre nuove malattie, con conseguenze che si ripercuotono sull’intero ecosistema.
Qui di seguito elenchiamo e approfondiamo nel dettaglio le principali cause di diffusione delle specie aliene nei nostri mari.
Acqua di zavorra delle navi
L’acqua di zavorra delle navi rappresenta uno dei principali vettori di diffusione delle specie aliene negli ecosistemi marini. Per equilibrare il peso e la distribuzione del carico a bordo, le navi riempiono speciali serbatoi situati nello scafo con acqua prelevata dal mare in cui si trovano. Quando il carico viene scaricato o si verificano cambiamenti nelle condizioni di navigazione, quell’acqua viene successivamente rilasciata in un altro punto del viaggio, spesso in un ecosistema completamente diverso rispetto a quello di origine.
Il problema nasce dal fatto che l’acqua di zavorra non è mai pura, ma contiene una vasta gamma di organismi microscopici e larve di specie marine tipiche delle zone di prelievo. Quando le navi provengono da mari tropicali e rilasciano la loro zavorra nel Mediterraneo, introducono accidentalmente specie che, in condizioni favorevoli, possono trovare un ambiente adatto alla loro sopravvivenza e proliferazione. Alcuni organismi trasportati dall’acqua di zavorra trovano nicchie ecologiche prive di predatori naturali e riescono a moltiplicarsi rapidamente, competendo con le specie autoctone per risorse come cibo e spazio.
Fouling
Il fenomeno del fouling rappresenta un altro importante vettore per l’introduzione involontaria di specie aliene. Questo processo si verifica quando organismi marini si fissano alle superfici sommerse delle navi – in particolare sulla chiglia – e vengono trasportati passivamente da un’area geografica all’altra. Le imbarcazioni che attraversano mari e oceani offrono un substrato solido su cui diversi organismi, come alghe, molluschi, crostacei e spugne, possono aderire e crescere.
Nel momento in cui l’imbarcazione raggiunge il Mediterraneo e si ferma in un porto o in una zona di ancoraggio, questi organismi possono staccarsi spontaneamente o rilasciare larve nell’ambiente circostante. Se le condizioni del nuovo ecosistema sono favorevoli, possono insediarsi e proliferare, diventando invasive e modificando gli equilibri naturali.
Per ridurre il rischio di introduzione di specie aliene attraverso il fouling, molte imbarcazioni vengono trattate con speciali rivestimenti antivegetativi sulle chiglie, progettati per impedire l’adesione degli organismi marini. Tuttavia, non tutte le navi sono dotate di questi sistemi e, nonostante le misure di controllo, la bioincrostazione continua a essere un problema ambientale rilevante per il Mediterraneo.
Migrazione lessepsiana
Questo processo prende il nome dall’ingegnere Ferdinand de Lesseps, che guidò la costruzione del canale inaugurato nel 1869. L’apertura di questa via artificiale ha creato un collegamento diretto tra due bacini precedentemente separati, permettendo il transito di numerose specie animali e vegetali.
Le condizioni ambientali del Mar Rosso, caratterizzate da temperature elevate e un’elevata salinità, sono simili a quelle del Mediterraneo orientale, il che ha facilitato l’adattamento delle specie che lo attraversano. Negli ultimi decenni, il riscaldamento globale ha reso il Mediterraneo sempre più caldo, riducendo ulteriormente le barriere ecologiche e accelerando il processo di colonizzazione. Molte delle specie che migrano lungo questa rotta, come pesci, molluschi, crostacei e alghe, trovano nel nuovo ambiente condizioni favorevoli alla sopravvivenza e alla riproduzione.
Opportunità di guadagno
L’introduzione di specie aliene non avviene sempre in modo accidentale; in alcuni casi, è il risultato di azioni deliberate da parte di commercianti e imprenditori che vedono in esse un’opportunità di guadagno.
Un esempio emblematico è quello della Rapana venosa, un mollusco originario delle acque del Giappone, introdotto intenzionalmente in diverse aree per il suo valore commerciale. Questo gasteropode carnivoro si è rapidamente diffuso nel Mar Nero e successivamente nel Mediterraneo, trovando condizioni ambientali favorevoli alla sua proliferazione. Grazie alla sua capacità di adattarsi a diverse temperature e salinità, la Rapana venosa ha prosperato, diventando una risorsa pescabile e apprezzata nel mercato della ristorazione.
Nonostante il suo valore economico, la diffusione di questa specie ha avuto impatti negativi sugli ecosistemi locali. Essendo un predatore di molluschi bivalvi, ha contribuito alla riduzione di specie autoctone come cozze e ostriche, modificando le dinamiche delle popolazioni marine e danneggiando la biodiversità. Inoltre, la sua presenza ha influito sulle attività di pesca tradizionali, costringendo alcuni settori a riorganizzarsi per sfruttare la nuova abbondanza o a subire perdite economiche a causa del declino delle specie indigene.
Innalzamento della temperatura del mare
Le acque del Mar Mediterraneo, sempre più calde, stanno diventando meno ospitali per molte specie autoctone che, non riuscendo ad adattarsi alle nuove condizioni, tendono a spostarsi verso zone più temperate, come l’Atlantico o il Mediterraneo settentrionale. Questo fenomeno di migrazione, noto come spostamento latitudinale o batimetrico, è una strategia di sopravvivenza inevitabile per evitare di diventare vittime del surriscaldamento delle acque e la riduzione dell’ossigeno disponibile.
Ed è così che, mentre le specie native abbandonano progressivamente il loro habitat tradizionale, si crea spazio per organismi esotici provenienti da mari più caldi. Questi nuovi arrivati, spesso più tolleranti alle alte temperature e a condizioni ambientali variabili, trovano nel Mediterraneo un ambiente favorevole alla loro proliferazione.
Un esempio evidente di questo fenomeno è l’espansione di pesci tropicali come il pesce scorpione (Pterois miles) e il pesce coniglio (Siganus luridus), che hanno trovato nel Mediterraneo orientale un habitat ideale. Al contrario, specie tipiche del bacino mediterraneo, come il merluzzo o alcune varietà di molluschi e crostacei, stanno diventando sempre meno comuni nelle aree meridionali e vengono progressivamente sostituite da queste nuove creature marine.
Le specie aliene più invasive
Ma quali sono queste creature aliene e in che modo si possono individuare? Queste sono solo alcune delle domande più diffuse tra le persone quando si tratta di questo argomento. Nei prossimi paragrafi analizzeremo alcune delle specie alloctone emblematiche, scoprendo le loro caratteristiche, il loro impatto sugli ecosistemi e sulle attività umane, e le possibili strategie per contenerne la diffusione.
Il granchio blu
La presenza del granchio blu nel bacino mediterraneo è stata facilitata principalmente dal fenomeno della migrazione lessepsiana. Sebbene si sia adattato rapidamente alle acque mediterranee, il suo inserimento ha sollevato preoccupazioni per gli effetti negativi che può avere sugli ecosistemi locali.
Una delle principali minacce derivanti dall’introduzione del granchio blu è la sua capacità di competere con le specie autoctone per le risorse alimentari e gli habitat. Parliamo di un predatore opportunista che si nutre di una vasta gamma di organismi marini, tra cui molluschi bivalvi, crostacei e persino altri granchi più piccoli. Inoltre, ha una dieta molto varia che gli consente di adattarsi rapidamente a diverse condizioni ambientali, rendendolo ancora più resistente e difficile da controllare. La sua proliferazione potrebbe quindi alterare gli equilibri ecologici marini, riducendo la biodiversità e mettendo a rischio la sopravvivenza di specie autoctone più vulnerabili.
Il pesce scorpione
Il pesce scorpione (Pterois miles) è un altro esempio di specie aliena che si è adattata con successo alle acque del Mar Mediterraneo. Anche l’introduzione di questa specie nel Mediterraneo è avvenuta principalmente attraverso il Canale di Suez. Questo pesce, noto per le sue caratteristiche pinne venate e i suoi velenosi aculei dorsali, è riuscito ad adattarsi rapidamente al nuovo ambiente marino e ha iniziato a proliferare molto velocemente. La sua alimentazione polifaga e la capacità di cacciare in un ampio range di habitat marini lo rende estremamente competitivo nei confronti delle specie autoctone.
Un’altra minaccia derivante dalla presenza del pesce scorpione è il suo potenziale per la diffusione di malattie e parassiti a causa delle pinne velenose che rappresentano sì una difesa efficace contro i predatori naturali, ma limitano la possibilità di contenere e controllare la sua attività.
Pesce palla maculato
Il pesce palla maculato (Arothron hispidus), è una specie aliena che si è recentemente insediata nel Mar Mediterraneo, rappresentando un esempio emblematico del fenomeno di invasione biologica. Questo pesce, noto per la sua caratteristica pelle ricoperta di spine e per l’abilità nel gonfiarsi quando minacciato, ha trovato nelle acque mediterranee un ambiente ideale per adattarsi e proliferare.
Il pesce palla maculato è una specie carnivora che si nutre principalmente di invertebrati marini, come molluschi, crostacei e altri piccoli organismi bentonici. La sua alimentazione lo rende un predatore di livello superiore che compete direttamente con le specie autoctone per le risorse alimentari, specialmente in habitat ricchi di biodiversità come le praterie di posidonia e anche i fondali sabbiosi. La sua presenza e la sua capacità di cacciare queste risorse vitali mettono a rischio molte specie locali che condividono lo stesso tipo di nutrimento, alterando l’equilibrio ecologico e riducendo la disponibilità di cibo per altre specie marine.
Alga Caulerpa
L’alga Caulerpa, in particolare la specie Caulerpa racemosa, è un’alga tropicale originaria delle acque calde dell’Oceano Indiano e del Pacifico che si è introdotta nel Mar Mediterraneo, diventando una delle specie invasive più problematiche per gli ecosistemi marini locali. Il processo di inserimento e adattamento dell’alga Caulerpa nel Mediterraneo è stato facilitato dalle condizioni favorevoli per la sua crescita in acque calde e poco profonde, che caratterizzano molte aree costiere del Mediterraneo. Grazie alla sua rapida riproduzione e alla capacità di propagarsi per frammentazione, dove una piccola parte dell’alga può svilupparsi in una nuova colonia, Caulerpa è riuscita a diffondersi rapidamente e a colonizzare ampie superfici di fondale marino. La specie cresce in formazioni dense che possono coprire ampie estensioni di fondo marino, sottraendo spazio ad altre specie vegetali, come le praterie di posidonia, che sono fondamentali per la biodiversità e la salute dell’ecosistema. Infatti, la potenziale perdita di queste ultime, può comportare una riduzione della biodiversità, poiché molte specie di pesci, invertebrati e organismi bentonici dipendono da questi habitat per nutrirsi e riprodursi. Le dense colonie di Caulerpa creano un ambiente monoculturale che limita la disponibilità di risorse per altre specie, contribuendo a ridurre la biodiversità marina.
Come gestire la diffusione?
Per contrastare gli effetti negativi delle specie alloctone, sono state sviluppate normative e strategie a livello locale, nazionale e internazionale per il controllo e la gestione delle invasioni biologiche.
A livello europeo, la legislazione principale riguardante le specie invasive è il Regolamento (UE) 1143/2014, che stabilisce misure per prevenire e gestire l’introduzione e la diffusione delle specie alloctone. Questo regolamento fornisce una lista di specie invasive di preoccupazione per l’Unione Europea, che include organismi pericolosi per la biodiversità, l’ambiente, l’economia e la salute umana. Le specie incluse in questa lista sono soggette a misure specifiche per la loro gestione, che vanno dalla prevenzione dell’introduzione alla rimozione, al controllo della loro diffusione.
Nel contesto marino, il Piano di Azione per il Mediterraneo (MAP) dell’UNEP (Programma delle Nazioni Unite per l’Ambiente) e la Convenzione di Barcellona (un accordo regionale volto alla protezione del Mar Mediterraneo) affrontano la questione delle specie invasive come parte di un’azione più ampia di protezione dell’ambiente marino. Le politiche incluse nella Convenzione di Barcellona prevedono misure specifiche per monitorare e prevenire l’introduzione di specie marine non indigene, specialmente quelle che minacciano le praterie di posidonia e altri ecosistemi marini sensibili.
In Italia, la legge n. 68 del 2015 ha recepito il Regolamento europeo e stabilito un sistema di monitoraggio, controllo e gestione delle specie invasive, sia terrestri che marine. Le autorità competenti, come il Ministero dell’Ambiente e delle Politiche Ambientali, collaborano con enti di ricerca, organizzazioni non governative e amministrazioni locali per attuare piani di gestione per il controllo delle specie invasive. Un esempio di tale intervento è il progetto LIFE “Med-Campus”, che ha l’obiettivo di ridurre il rischio di diffusione delle specie marine invasive nel Mediterraneo, fornendo soluzioni per la gestione sostenibile delle aree protette e il monitoraggio della biodiversità marina.
Le strategie di controllo variano in base alla specie e alla gravità dell’invasione. Per alcune specie, la rimozione fisica o meccanica, come la rimozione di colonie algali invasive o di granchi, può essere efficace. Tuttavia, l’eliminazione totale di una specie è difficile e costosa. La ricerca di metodi di controllo biologico, come l’introduzione di predatori naturali, è ancora in fase sperimentale, ma potrebbe rivelarsi una soluzione in futuro.
Un’altra importante strategia di gestione riguarda la prevenzione delle attività di pesca: interventi legislativi mirati, come regolamenti più severi per la gestione delle acque di zavorra e delle imbarcazioni, e campagne di sensibilizzazione rivolte a pescatori, subacquei e turisti, sono fondamentali per ridurre il rischio di nuove introduzioni.
Anche i piccoli gesti quotidiani possono contribuire in modo significativo a ridurre l’impatto ambientale e a contrastare fenomeni come l’acidificazione degli oceani e il surriscaldamento delle acque, due fattori che favoriscono la proliferazione delle specie invasive. Ridurre il consumo di plastica, smaltire correttamente i rifiuti e adottare uno stile di vita più sostenibile aiuta a migliorare la salute dei mari. Inoltre, limitare l’uso di prodotti chimici nocivi e prediligere detergenti ecologici contribuisce a ridurre l’inquinamento marino, proteggendo gli ecosistemi acquatici. Anche ridurre le emissioni di CO2 attraverso un uso più consapevole dell’energia e dei trasporti ha un impatto diretto sul cambiamento climatico e, di conseguenza, sulla temperatura delle acque.
Ogni azione, anche la più piccola apparentemente, può fare un’enorme differenza nel proteggere la biodiversità marina e contenere l’invasione delle specie aliene. Solo insieme possiamo preservare il delicato equilibrio degli ecosistemi marini.