Forse non lo sai, ma tra le vittime innocenti delle guerre c’è in prima linea anche l’ambiente: sì, la guerra inquina e anche molto

Quest’articolo non vuole insegnare nulla ma invitare tutti a riflettere su quanto in centinaia di anni la situazione ambientale sia peggiorata anche a causa delle guerre. 

Adesso, il conflitto tra Ucraina e Russia quanto costerà alla natura? Prima di rispondere, abbiamo analizzato quali sono i danni che, a causa delle precedenti guerre, stiamo ancora cercando di scontare. 

 

I principali danni ambientali causati dalle guerre

 

Aereo nei fondali marini

 

Guerra del Golfo, guerre in Yemen e Siria: ciò che accomuna tutte queste terribili situazioni è, oltre la morte di tantissime persone innocenti, nei danni ambientali. A risentirne, sono aria, suolo e acqua che vengono continuamente contaminate:

 

  1. Le polveri sottili aumentano in atmosfera;
  2. Le macerie accumulate sul suolo spesso contengono sostanze acide o tossiche. Sono proprio queste con i metalli che nel tempo vengono assorbite e arrivano nelle falde acquifere inquinando le acque e rendendole non potabili; 
  3. I metalli utilizzati per costruire le armi, costano in termini sociali ed economici e, invece di essere smaltiti correttamente, restano nell’ambiente e continuano ad inquinare;
  4. Petrolio e gas sono molto consumati durante le esercitazioni militari e i conflitti armati. 

La lista è ancora lunga ma, sicuramente, l’impatto peggiore in termini ambientali apportato dalle guerre è l’aumento di concentrazione di anidride carbonica. 

 

Quello che la storia ci racconta

 

Dati come quelli sopra elencati sono ricavati da secoli di conflitti che non hanno fatto altro che contribuire notevolmente al peggioramento della crisi climatica mondiale. Parlando della Prima Guerra Mondiale, a esempio, possiamo notare i danni che ancora oggi, a più di 100 anni di distanza, si accusano nella parte Nord-est della Francia. In questa zona, un’azienda agricola ha dovuto distruggere tutti i prodotti dopo aver scoperto una tonnellata di vecchia artiglieria sepolta nel terreno limitrofo. Come se non bastasse, ogni anno la Francia nord-orientale è già impegnata nello smaltimento di quasi 500 tonnellate di proiettili e bombe non esplose. 

Anche in Belgio e in Germania la situazione non è delle migliori: a causa della Grande Guerra non è possibile coltivare molte zone perché ci sono ordigni inesplosi nel terreno oppure il suolo è contaminato dai metalli e dai residui delle armi chimiche.

Ma anche la Seconda Guerra Mondiale non è da meno: in Italia sono state ritrovate decine di migliaia di armi chimiche affondate nel basso Adriatico e nel Tirreno pur di sbarazzarsene velocemente



 


Gli ecocidi che hanno colpito le nostre terre e i nostri mari

 

Ritrovamento aereo nei fondali marini

 

La storia del termine “ecocidio” è radicata nella guerra del Vietnam. Dal 1962 al 1971, le forze militari degli Stati Uniti hanno spruzzato oltre 75 milioni di litri di erbicidi chimici tossici, sufficienti a riempire 30 piscine olimpioniche, sul Vietnam del Sud. 

L’obiettivo era quello di distruggere la copertura forestale e le fonti di cibo utilizzate dalle truppe nemiche.

Nessuno, però, aveva messo in conto che le sostanze chimiche avrebbero lasciato una scia devastante di malattie – spesso mortali – e reso le foreste sterili. Questo ha spinto il biologo americano Arthur W. Galston a coniare il termine “ecocidio” negli anni ’70 per protestare contro il danno ambientale e sociale di massa che si era verificato.

Alcuni paesi hanno già implementato leggi interne sull’ecocidio, tra cui Russia, Kazakistan, Repubblica del Kirghizistan, Tagikistan, Bielorussia, Ucraina, Moldavia, Armenia e Vietnam. “Coloro che, in tempo di pace o in tempo di guerra, commettono … atti di ecocidio o distruggono l’ambiente naturale, saranno condannati tra i 10 e i 20 anni di reclusione, ergastolo o pena capitale”, afferma il codice penale del Vietnam del 1999.

Nel marzo di quest’anno, l’ufficio del procuratore generale ucraino ha avviato un procedimento penale per ecocidio a seguito del sequestro da parte della Russia di due centrali nucleari, adducendo la minaccia di un’esplosione nucleare.

I primi segni dei danni ambientali della guerra in Ucraina 

 

Aereo di guerra nei fondali marini

 

Nonostante sia poco semplice fare delle stime essendo ancora in corso il conflitto, riusciamo già a vedere molto chiaramente quelli che sono i primi segni dei danni che la guerra tra l’Ucraina e la Russia sta causando all’ambiente. 

La Turkish Marine Research Foundation, un ente per la protezione dell’ambiente attivo dal 1996, avverte che la guerra potrebbe creare una crisi della fauna selvatica.

I problemi sono di grande portata e hanno origini diverse, per citarne solo alcuni: 

  • La benzina e gli inquinanti delle navi affondate, causa di emissione di gas velenosi nell’atmosfera
  • Il fiume Dnepr con un forte flusso di acque inquinate dalle sostanze tossiche rilasciate dalle munizioni che affluiscono in mare
  • La quantità sproporzionata di mine antinave rilasciate nel Mar Nero da entrambe le parti che ha causato il blocco delle attività di pesca da parte dei battelli della Turchia per il pericolo di incidenti

Da non sottovalutare, inoltre, i problemi dei suoni di radar e sonar che destabilizzano enormemente l’attività delle creature marine che si orientano grazie ai suoni per nutrirsi e navigare. 

A tal proposito, sembrano essere oltre 100 i delfini spiaggiati sulle coste turche dall’inizio della guerra: un numero enorme.

Dagli ultimi report che arrivano dalla California si denuncia che specie animali e vegetali rare o in via di estinzione sono in grave affanno a causa della guerra, oltre al fatto che si registra un netto peggioramento del bilancio idrico del Mar Nero.

Insomma, non bastava la già grave e preoccupante situazione dei molluschi e della loro sopravvivenza nei mari. 

Purtroppo, oggi più che mai, questi preziosi animali del mare sono messi in serio pericolo dal fenomeno dell’acidificazione delle acque che sta compromettendo notevolmente la loro vita e il loro lodevole “lavoro”, indispensabile per la nostra sopravvivenza. Questi resilienti animali marini fungono infatti da depuratori naturali delle nostre acque imprigionando CO2 nei propri gusci e restituendoci aria pulita. 

 



L’Ucraina chiede i danni dell’impatto ambientale alla Russia

 

Elmetto di guerra in mare

 

Il Ministero dell’ambiente ucraino ha messo in atto una strategia legale che mira a utilizzare il diritto internazionale per costringere la Russia a risarcire i danni dopo la guerra.

La richiesta dell’Ucraina, che il paese intende presentare alla corte internazionale dopo la fine della guerra, potrebbe ammontare a circa 350 miliardi di dollari (rapporto della Banca mondiale, del governo ucraino e della Commissione europea).

Documentare la distruzione ambientale della guerra è una cosa, calcolare il valore monetario di quel danno in modo che l’Ucraina possa effettivamente ritenere la Russia responsabile è un altro. 

Dmytro Zaruba, il vicecapo dell’ispettorato nazionale per l’ambiente, si è unito a una delle prime ispezioni del ministero a marzo, nel luogo di un attacco russo vicino a Lviv, nell’Ucraina occidentale, dove i luccicanti serbatoi bianchi di un deposito di petrolio erano stati ridotti in macerie carbonizzate. Crateri profondi quasi 30 piedi hanno sfregiato il terreno e parti di missili russi sono state sparse tra i rottami. Resti anneriti di alberi circondavano il sito e il petrolio dei serbatoi distrutti era penetrato nei fiumi vicini, uccidendo pesci e altri animali selvatici.

Serhii Trofanchuk, che guida una delle divisioni regionali del ministero per le risorse idriche nell’Ucraina orientale, afferma che la sua equipe ha continuato a prelevare campioni dai fiumi locali, registrando prove di inquinamento da pesticidi, prodotti petroliferi, mercurio, nitrati e fosfati. Gli attacchi bellici alle strutture di gestione dell’acqua hanno contribuito a tale inquinamento, mentre gli attacchi contro le dighe e altre infrastrutture lungo il fiume Siverskyi Donets, la principale fonte idrica per più di 3 milioni di persone nella regione, hanno causato l’abbassamento del livello dell’acqua, impedendo alle correnti fluviali di eliminare le sostanze chimiche. 

 

Facciamo due conti: quanto costa la guerra all’ambiente?

 

Il miglior modo per riassumere il discorso è senza dubbio evincendo i dati attualmente registrati dal Ministero dell’Ambiente ucraino relativo ai danni ambientali (anche in termini economici) della guerra attualmente in atto con la Russia: 

  • 24,6 mld derivano dall’inquinamento atmosferico
  • 11,4 mld sono attinenti al danneggiamento dei suoli 
  • Di questi ultimi, ben 8 mld sono legati alle risorse idriche
  • ⅓ di foreste ha subìto danni a causa del conflitto
  • Le emissioni in atmosfera hanno già superato quota 67 milioni di tonnellate (le emissioni di gas serra direttamente ricollegabili all’invasione russa ammontano a 31 Mt di CO2 equivalente).

 

Questi dati sono solo preliminari: il conflitto è ancora in atto e lo scotto finale da pagare, purtroppo, sappiamo bene che sarà ancora più serio di quello che attualmente il Ministero dell’Ambiente ci comunica. Ciò che noi ci sentiamo di chiederti è di cominciare a riflettere e prendere coscienza del fatto che, di certo, non c’è più tempo per rimandare.

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